Riapertura parrucchieri 1 giugno 2020. Ci hanno messo in ginocchio.

Eravamo pronti alla riapertura. Eravamo veramente pronti. Non solo con l’entusiasmo e con il respiro di sollievo che avremmo levato, ma con una serie di dettagliate e minuziose misure di sicurezza nel rispetto delle direttive del Governo e del Ministero della Sanità.

– Un protocollo condiviso con tutte le Associazioni di Categoria che garantisce la salute dei clienti e di chi lavora in salone.

– Un protocollo che permetterebbe di riprendere il lavoro e di darci almeno la possibilità di tentare di uscire dal grave stato di crisi economica.

Da quando, a causa del Covid 19, abbiamo dovuto chiudere tutti i saloni, ci siamo impegnati e attivati subito per supportare i nostri affiliati, sia con una consulenza costante nel comprendere e mettere in atto le direttive dei vari decreti, sia con idee e strategie mirate a riprendere il lavoro garantendo la sicurezza nei saloni“, dice Roberto Corani, master franchisor Jean Louis David e Franck Provost Italia. “Ma abbiamo fatto ancora di più: abbiamo perfezionato il nostro sistema di Booking Online, che oggi è più veloce ed efficiente. Non solo permette di prenotare giorno e orario ma anche i servizi che si desidera fare, in modo che il parrucchiere abbia la possibilità di calcolare il tempo necessario prima di fissare un altro appuntamento. Prima dell’appuntamento in salone, l’esperto fa una videochiamata con la cliente per valutare lo stato dei capelli ed eventuali necessità, in modo da potere allungare il margine di tempo da mettere a disposizione. C’è poi il sistema Elimina Code, un’ App che sarà necessaria nella fase di ripresa più avanzata che eliminerà totalmente le attese in salone. Quello che tengo a precisare, è che tutti questi strumenti, sono a disposizione anche degli esercenti indipendenti, che supporteremmo e consiglieremmo per qualsiasi esigenza”.

Ecco perché eravamo pronti alla riapertura.

Ecco perché, visto che, secondo le Associazioni di Categoria, il settore può già offrire tutte le garanzie necessarie ad aprire con tutela di clienti e dipendenti, la CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media impresa) lancia un appello al Premier. “Se il Governo ritiene che debbano essere definite ulteriori condizioni, che le definisca da subito per consentire di riaprire al più presto. Le imprese sono ormai allo stremo, delle forze e le loro condizioni finanziarie sono così gravi da destare preoccupazione anche sul fronte della tenuta sociale di scelte scellerate come quella di una chiusura così prolungata. Le imprese non riusciranno a resistere ancora per molto. È quanto mai necessario che il Governo dia subito segnali chiari e risposte certe“. (cit. da Il Sole 24 Ore del 28 aprile 2020).

E invece, a dispetto di Croazia, Germania, Grecia, Norvegia e Svizzera che hanno riaperto, e della Francia dove si apprestano a farlo, NOI NON POSSIAMO APRIRE.

I danni saranno molti, dalla crescita dell’abusivismo e dei servizi forniti a domicilio, che sono illegali (anche dal punto di vista dei pagamenti che andranno a generare NERO) e senza rispetto della sicurezza e dello sviluppo economico“, dice Roberto Corani.

Vi diamo qualche numero

Secondo le stime di Cosmetica Italia, nei settori estetica e parrucchieri, chiuderà i battenti un salone su tre.

Basandoci sui bilanci del 2019, possiamo affermare che, dall’inizio della chiusura dei saloni, abbiamo perso il 25% dei ricavi“, spiega Roberto Corani. “Riaprendo a giugno, se contiamo i 7 mesi che ci portano a chiusura 2020, i saloni avranno perso, oltre al precedente 25%, circa il 35% del volume di affari. Considerando il fatto che, per tutto questo arco di tempo, dal 12 marzo (primo giorno di lock down) all’1 giugno, i titolari di saloni hanno dovuto fare fronte a tutte le spese: affitti, bollette, fornitori, costi del personale. Va da sé che, oltre a un danno economico reale, si va incontro a un danno finanziario: se manca la liquidità data dagli incassi, viene meno la possibilità di tenere aperta l’attività, inizieranno i licenziamenti, con un incremento della disoccupazione, e non si potranno più sostenere le spese di affitto e di costi reali del salone. Insomma, la “macchina” si ferma“.

Ma che cosa ne è degli sgravi fiscali sugli affitti e della cassa integrazione e della possibilità di accedere ai finanziamenti pro Covid, vi chiederete voi?

Hanno diritto a un credito di imposta del 60% solo gli esercizi commerciali di categoria C1, e quelli catalogati a catasto sono pochissimi“, dice Corani. “Per quello che riguarda la cassa integrazione, ce ne sono diverse categorie, la maggior parte delle quali non sono ancora state erogate, così come i finanziamenti“.

 

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